Lo spazio delle varianti è una struttura d’informazione. Si tratta di un campo d’informazioni infinito, contenente tutte le varianti di tutti i possibili eventi. Si può dire che nello spazio delle varianti c’è tutto quello che è stato, c’è e ci sarà. Lo spazio delle varianti serve da cliché, da piano cartesiano del moto della materia nello spazio e nel tempo. Sia il passato che il futuro sono conservati in questo campo in modo stazionario, come se si trattasse di una pellicola cinematografica, e l’effetto del tempo si coglie solo in seguito allo spostamento di un singolo fotogramma, in cui si manifesta il presente.
Il mondo esiste contemporaneamente in due forme: la realtà fisica, che si può toccare con mano, e lo spazio metafisico delle varianti, che si estende oltre al limite della percezione ma non per questo è meno oggettivo. L’accesso a questo campo d’informazioni è, in linea di principio, possibile. Proprio da questo campo provengono i saperi intuitivi e la chiaroveggenza. La ragione non è in grado di creare niente di fondamentalmente nuovo. Essa può solo assemblare una nuova versione di casa, utilizzando però i cubi da costruzione vecchi. Il cervello conserva non l’informazione stessa, ma una sorta di indirizzi che portano all’informazione contenuta nello spazio delle varianti.
Tutte le scoperte scientifiche e i capolavori dell’arte sono captati dalla ragione nello spazio delle varianti, grazie alla mediazione dell’anima. I sogni non sono un’illusione nel senso comune del termine. La ragione non immagina i suoi sogni, li vede veramente. Le manifestazioni della realtà sono delle varianti realizzate. Nel sogno siamo in grado di vedere ciò che non è stato realizzato, delle opere con degli scenari e delle decorazioni virtuali. I sogni ci fanno vedere quello che sarebbe potuto accadere nel passato o potrebbe accadere nel futuro. Il sogno è il viaggio dell’anima nello spazio delle varianti.
Per spiegare meglio il concetto di “spazio delle varianti”, Zeland propone come esempio l’onda del mare.
“Supponiamo – scrive Zeland – che a seguito di un maremoto nel mare si sia formata un’onda gigantesca. Essa si muove lungo la superficie del mare in forma di gobba, ma l’acqua a queste condizioni rimane al suo posto. A muoversi, infatti, non è la massa di acqua bensì la realizzazione di un potenziale energetico. Solo nei pressi della riva l’acqua si riversa sulla terraferma. Allo stesso modo si comportano tutti gli altri tipi di onda. In quest’analogia il mare è lo spazio delle varianti, mentre l’onda è una realizzazione materiale”.
“Ne risulta – continua Zeland – che da una parte la realizzazione materiale si muove nello spazio e nel tempo, e dall’altra le varianti rimangono sul posto a esistere eternamente. Questo significa che tutto era, è e sarà? Ebbene, perché mai non potrebbe essere così? Il tempo, di fatto, è statico al pari dello spazio. Il flusso del tempo si coglie solo quando la pellicola cinematografica gira e i fotogrammi si susseguono, uno dopo l’altro. Ma provate a dispiegare la pellicola e a guardare tutti i fotogrammi insieme. Dove è andato a finire il tempo? Tutte le immagini esistono contemporaneamente. Il tempo è statico fino a quando non cominciamo a guardare in sequenza un fotogramma dopo l’altro. Nella vita succede lo stesso, per questo nella nostra coscienza si è profondamente radicata l’idea che tutto viene e se ne va”.